lunedì 14 novembre 2016

Asimo, Trump e il ciclo storico (di Roberto Pancrazi)

Ho la fortuna di avere amici molto intelligenti e una delle persone più preparate con cui ho il piacere di parlare e discutere di politica (ma anche di sport, giochi e altra roba da nerd) è sicuramente Roberto Pancrazi. Ho sollecitato un suo contributo sul tema delle elezioni americane, anche alla luce del fatto che si trova negli Stati Uniti (senza considerare che statistica ed economia sono il suo campo di studio e specializzazione). Su alcuni argomenti io e Roberto non la vediamo alla stessa maniera ma alla base condividiamo la medesima sensibilità a prescindere dai posizionamenti politici di breve respiro. Dallo scambio aperto e disinteressato possono nascere solo risultati positivi e trovo che il suo contributo sia davvero molto interessante. Ricevo e pubblico.

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Per chi cerca di capire quale sono le dinamiche sociali che caratterizzano i tempi in cui viviamo, uno dei pochi “data-point” affidabili per testare le nostre teorie sono i risultati elettorali. D’altronde, come ci insegna Isaac Asimov: «Le leggi della storia sono assolute come quelle della fisica, e se in essa le probabilità di errore sono maggiori, è solo perché la storia ha a che fare con gli esseri umani che sono assai meno numerosi degli atomi, ed è per questa ragione che le variazioni individuali hanno un maggior valore.»
Cosa ci aspetta nei prossimi anni e nei prossimi decenni è meramente il frutto dell’evoluzione delle forze che governano le masse a prescindere dai nostri sentimenti etici o morali. La natura di queste leggi non è univoca ma dipende in larga parte del contesto storico in cui viviamo e che contribuiamo a creare con le nostre stesse azioni. Analizzare questo contesto è quindi un esercizio fondamentale per cercare di comprendere la natura delle leggi che muovono le masse.

Cosa ci insegna l’elezione di Trump? Che ci piaccia o meno la lezione è che siamo arrivati ad un punto del ciclo storico in cui la forza che muove le masse è il richiamo d’appartenenza ad una ristretta classe sociale e persino razziale. Non vi piace il termine razza? Definite il razzismo come preferite:  paura del diverso, patriottismo, protezionismo, etc. Il punto non cambia: Trump è montato su questo cavallo fin dall’inizio della sua campagna e ha vinto le elezioni.

Ci sono due aspetti importanti che voglio sottolineare (da cui trarrò due ulteriori riflessioni alla fine del pezzo).


Il primo punto è l’evidenza. Analizzare statisticamente “chi ha votato per quale candidato” è utile, ma non è molto informativo se non lo si rapporta a cosa è cambiato rispetto alle precedenti elezioni. Date un’occhiata alle figure più sotto: ad orientare il voto non è stata tanto la razza, il sesso o il livello di istruzione in se e per se ed isolatamente. Chi si è mosso al grido lock her up sono maschi, bianchi, con un livello d’istruzione basso. Ma va? Ci volevano dei sondaggi per scoprirlo? Non bastava guardare chi partecipava in larga parte ai rally di Trump? Il fatto che il risultato elettorale sia stato determinato dal Winsconsin, dal Michigan e dall’ Ohio, ovvero dagli stati che compongono la cosiddetta Rust bell, cosi chiamata per la ruggine che sta coprendo le industrie metalmeccaniche ed i suoi lavoratori, è un segnale che siamo sulla giusta strada.




Il secondo passaggio è cercare di capire per quale motivo gli uomini bianchi poco istruiti hanno risposto cosi prontamente alla chiamata alle armi di Trump. Prima di entrare nel merito della teoria voglio sottolineare che dal mio punto di vista non c’è alcuna accezione dispregiativa nel fare riferimento al livello istruttivo di questo gruppo demografico: è un dato puramente tecnico. E se mi permettete sono molto stanco delle semplificazioni. Gli esperti del settore, gli studiosi e gli intellettuali  non sono schiavi del sistema. Di converso, le persone che non hanno avuto accesso ai livelli più alti dell’istruzione, non sono degli stupidi che votano a caso. Il mio unico intento è cercare di capire per quale motivo questa tipologia di persone che popola gran parte degli Stati Uniti si è svegliata dal torpore in modo da prevedere cosa implichi per il futuro il loro arrivo sulla scena.
Che questa fascia della popolazione sia diventata razzista all’improvviso e tutto d’un tratto? No, assolutamente no. Condivido quanto espresso nell’articolo precedente: quella tipologia di elettore lo è sempre stata nel profondo (e perdonatemi se faccio di tutta l’erba un fascio). Ripeto: se preferite chiamatelo patriottismo o protezionismo ma il succo non cambia. E allora perché manifestare cosi palesemente una tendenza che finora è stata sotterranea? Le grandi masse rispondono agli stimoli in funzione dell’ambiente in cui vivono. Ed è innegabile che i nostri tempi sono contrassegnati da una polarizzazione estrema che travolge tutto. L’establishment che ha l’esclusiva della gestione del potere contro la base che ne è esclusa. I benestanti che gestiscono la ricchezza da cui i poveri sono esclusi. Appunto, gli intellettuali che gestiscono il sapere da cui gli ignoranti sono esclusi. E potrei continuare…

In questo contesto, l’inno al patriottismo o al protezionismo che sfocia nel razzismo offre anche ai bianchi, non-istruiti e appartenenti alla classe media (che si sentono esclusi da potere, ricchezza e sapere) qualcosa da detenere esclusivamente: l’americanità. Esattamente come la stessa classe sociale ha preso la britannicità che gli era stata offerta lo scorso Giugno nel caso della brexit del Regno Unito.

E ora le due riflessioni conclusive.
Primo. E’ giusto puntare il dito contro chi ha votato per Trump o per la Brexit? Si e no. Si, perché quello che è stato promesso non migliorerà in alcun modo le loro vite. No, perché il motivo per cui quella classe sociale si è messa in moto deriva da quella polarizzazione di cui parlavo prima, che è frutto del modo di governare, delle politiche sociali, economiche e culturali che caratterizzano praticamente tutti i paesi sviluppati.
Secondo. E ora che ci aspetta per il futuro? Certe tendenze non sono proprie degli Stati Uniti e del Regno Unito. Praticamente tutti i paesi industriali europei, per esempio, ne sono uno specchio. Chi fa politica finisce quasi sempre per appartenere da un lato a chi contribuisce alla polarizzazione senza rendersene conto e dall’altro a chi cavalca la polarizzazione per acquisire consenso, senza offrire una qualsiasi soluzione. Nuovi Trump emergeranno o sono già emersi. E difficilmente contribuiranno ad aggiustare quei meccanismi perversi che hanno permesso loro di salire al potere. Ne risulterà una polarizzazione ancora più marcata e una società ancora più divisa. E basta avere un po’ di memoria per ricordarsi cosa è successo nel corso della storia quando si è arrivati a quella stessa fase del ciclo…

venerdì 11 novembre 2016

La sconfitta di Hillary: riflessioni sulle elezioni negli USA

Non sono un esperto di politica USA e non ho alcun titolo per parlare della vittoria di Trump o della sconfitta di Hillary e via dicendo. Negli anni ho letto diversi libri di autori statunitensi e ho studiato saggi sulla storia politica degli Stati Uniti. E' sicuramente un argomento che mi appassiona molto... quasi quanto le vicende di Westeros o l'epopea della Terra di Mezzo (ahah) ma questo è tutto: non pretendo di saperne più di qualsiasi altro cittadino italiano mediamente informato. Provo a dire la mia col massimo rispetto dato che per fortuna ci sono sempre letture differenti della realtà e diverse sensibilità. Come saprete, sono di sinistra e non nascondo che la mia visione politica è di parte (non riuscirei a essere neutrale nemmeno se ci provassi). Creo questo blog ad hoc in rispetto alla lezione del mai troppo rimpianto Umberto Eco ("i social hanno sdoganato gli imbecilli"). Chissà, forse in futuro scriverò altri post di natura politica ma anche no. Chiedo scusa in anticipo se mi dilungherò ma sono due giorni che ci penso sopra e che cerco di metabolizzare. Ho bisogno di mettere nero su bianco i miei pensieri giusti o sbagliati che siano. Per citare il poeta, lasciatemi gridare, lasciatemi sfogare, io senza politica non so stare!
Io non sono sorpreso della vittoria di Trump. Certo, ne sono atterrito ma pur facendo finta del contrario ero quasi sicuro che sarebbe finita così e col mio gruppo ci scherzavamo da mesi per esorcizzare... abbiamo pure fatto la maglietta Vota Chtuluh in previsione dell'apocalisse... E' dai tempi di Reagan che i repubblicani eleggono di questi buffoni negli Stati Uniti e la ricetta è sempre la stessa e tocca la sensibilità di una parte del paese che noi europei non capiamo per una questione culturale e che per questo motivo sottostimiamo finendo poi per essere sorpresi del nulla. La ricetta è: meno tasse, meno governo, più spese militari, america first, sì alle armi, no alle minoranze, no all'immigrazione, no all'assistenza pubblica. Le persone più sveglie della sinistra USA come Michael Moore lo avevano previsto in largo anticipo e nessuno li ha ascoltati.
Alcuni sostengono che Trump rappresenti la politica dell'odio e che con lui abbia vinto la protesta fine a se stessa. Mi farebbe piacere se la risposta fosse così semplice (noi siamo buoni e colti, loro cattivi e ignoranti, tiè tiè tiè). Secondo me chi lo afferma sbaglia e lo dico con tutta l'umiltà del mondo (che non mi appartiene ma questo è un altro problema). E' molto consolatorio e come tutte le spiegazioni di questo genere tocca solo la superficie. Prima di tutto sgombriamo il campo: negli USA è esistita la segregazione razziale fino a tutti gli anni 60. E' un paese nato sulle ceneri di un genocidio di massa: forse non lo sapete ma gli scalpi erano i codini degli indiani e non dei bianchi. I cacciatori (di scalpi) venivano pagati dal governo ad ogni uccisione in modo di sradicare le comunità dei "pellerossa" più resistenti alla colonizzazione. L'odio e la violenza sono un tratto del carattere nazionale americano (riguardatevi l'ultimo di Tarantino che è davvero profetico a posteriori). Ci può piacere o meno ma questo è quanto. Ogni popolo ha pregi e difetti: per gli italiani è un tratto nazionale una certa tolleranza alla corruzione e alla violazione delle regole riguardanti la res publica. La realtà è sempre tanto complessa e hai voglia fare la morale... servisse a qualcosa.
Poi bisogna essere completamente onesti e ammettere che le urla e la demonizzazione dell'avversario sono strumenti che anche la Clinton non si è fatta tanti scrupoli ad usare in campagna elettorale. Lo ha fatto contro Sanders prima (ricorrendo pure ad argomenti vagamente anti-semiti) e contro Trump poi (con le stesse strategie fallimentari usate per anni dalla sinistra italiana contro Berlusconi: è buffo, ha i capelli fuori posto, non è adatto a governare, etc.). Certo, forse il tutto è stato fatto con più gusto e con ironia molto liberal e con l'appoggio di Madonna, Bruce, Di Caprio e Lady Gaga... ma io non ho notato tanta differenza nella sostanza. Entrambi i candidati hanno raccontato al proprio elettorato quello che l'elettorato si voleva sentir dire, il tutto con tono adeguato al livello dello scontro. Entrambi hanno cercato di trasformare il proprio popolo in tifoseria o peggio in folla per poterlo motivare e controllare più facilmente. E' un elemento tradizionale della politica reso solamente più aspro e vocale dai media dei nostri tempi. Nessuno dei due candidati si è distinto per sensibilità, ragionevolezza o pacatezza (certo Trump ha fatto peggio e ne ha sparate di tutti i colori ma non è una gran consolazione). Insomma, non credo che siano l'odio o le urla l'elemento caratteristico della vittoria di Trump e secondo me questa è una visione limitata che in Italia si sostiene per fare parallelismi privi di senso. Molti democratici odiano Trump e non hanno problemi ad urlarlo in queste ore. Ci sono manifestazioni di persone che proprio non accettano il risultato elettorale (comprensibilmente eh... ma la prima regola della democrazia è che chi perde accetta la sconfitta sennò è la fine e se ne esce solo con la guerra civile).
Per me la verità è diversa. Non ha vinto Trump. Ha perso la Clinton. Mi spiego: la vittoria di Trump è la sconfitta definitiva di una certa visione del partito democratico americano ed in generale di tutta una scuola politica che si è rifatta al centrismo e alla terza via come via d'uscita dalla crisi della sinistra tradizionale e del socialismo. E' una scuola che è stata portata avanti per anni e con grande successo da personaggi come Clinton e Blair ma che ha definitivamente esaurito la sua spinta propulsiva. Oggi viviamo in un mondo completamente diverso (la chiesa per esempio lo ha capito subito e ha scelto un personaggio come Papa Francesco dimostrando intuito e sensibilità politica... in Italia invece ci becchiamo la copia sbiadita di Blair dieci anni dopo la sua uscita di scena). Ed è anche il risultato del fallimento delle promesse di Obama: per mille motivi diversi e non di certo per sue esclusive responsabilità, Obama ha deluso il suo elettorato (o perlomeno non ha fatto abbastanza per spingerli a turarsi il naso e votare Clinton). L'idea di rinnovamento da lui portata avanti non si è realizzata se non molto marginalmente perché il sistema americano è costruito per rigettare a priori certe politiche di classe volte ad aiutare i più bisognosi. Ci ha provato, il suo partito lo ha lasciato da solo (sempre in nome del centrismo di cui sopra), non ce l'ha fatta e ora Trump ha vinto le elezioni in carrozza.
Perciò la lezione che ne traggo se proprio vogliamo fare dei parallelismi con l'Italia è che se la sinistra fa il lavoro della destra alla ricerca di un presunto elettorato di centro che non esiste o che se ne frega bellamente di lei, finisce per far vincere la destra (spesso quella peggiore e più estrema). Spero di sbagliarmi. Ma se ho ragione, spero che lo si riesca a capire prima di trovarci Salvini e Casa Pound al governo (rimpiangerete il M5S e lo dico non avendoli mai votati). Ho tanta paura di avere ragione (come l'avevo per la Brexit e per Trump). Ho paura che non lo capiremo e che sia tardi e che l'onda sia ormai partita e che non riusciremo ad arginarla (tanto più con la nuova costituzione che ci prepariamo ad approvare).
Non ci resta che il fantasy: Gandalf for President!